Abele di Corazim

Da Wiki Maria Valtorta.
Cristo guarisce un lebbroso di Rembrandt

È un povero lebbroso che viene miracolosamente guarito da Gesù durante il Primo anno della Vita pubblica[1] presso Corazim, grazie all'intercessione dell'amico Samuele, lo storpio anch'esso guarito da Gesù nell'orto della suocera di Pietro a Cafarnao[2]. Più tardi Abele e Samuele di Corazim saranno nominati fra i settantadue discepoli mandati da Gesù a evangelizzare.

Corazim
Carta della Palestina: Corazim

Samuele, dopo la miracolosa guarigione operata dal Signore in suo favore, si reca dall'amico lebbroso, con il quale condivideva il poco cibo che mendicava, per farlo partecipe della guarigione e per spingere Abele da Gesù, affinché anch'egli sia guarito dalla lebbra che lo devasta:

Il lebbroso scuote il capo.

«Senti, Abele. Se tu puoi aver fede, sarai felice».

«Ma fede in chi?».

«Nel Rabbi. Nel Rabbi che ha guarito me».

«Ma io sono lebbroso e all’ultimo punto! Come può guarirmi?».

«Oh! Lo può. È santo».

«Sì, anche Eliseo guarì Naaman lebbroso… Lo so… Ma io… Io non posso andare al Giordano».

«Tu sarai guarito senza bisogno d’acqua. Ascolta: questo Rabbi è il Messia, capisci? Il Messia! Il Figlio di Dio è. E guarisce tutti quelli che hanno fede. Dice: “Voglio” e i demoni scappano, e le membra si raddrizzano, e gli occhi ciechi vedono».

«Oh! se avrei fede, io! Ma come posso vedere il Messia?».

«Ecco… sono venuto per questo. Egli è là, in quel paese. So dove è questa sera. Se vuoi… Io ho detto: “Lo dico ad Abele, e se Abele sente di aver fede lo conduco al Maestro”».

«Sei pazzo, Samuele? Se mi avvicino alle case sarò lapidato».

«Non nelle case. La sera sta per scendere. Ti condurrò sino a quel boschetto e poi andrò a chiamare il Maestro. Te lo condurrò…».

«Va’, va’ subito! Vengo da me sino a quel punto. Camminerò nel fossato, fra la siepe, ma tu va’, va’… Oh! va’, amico buono! Se sapessi cosa è aver questo male! E cosa è sperare di guarire!…». Il lebbroso non si cura neppur più del cibo. Piange e gestisce implorando l’amico.

«Vado, e tu vieni». L’ex-rattratto va via di corsa. (EMV 63.3)

Samuele si affretta a condurre il Signore Gesù presso il boschetto, affinché anche l'amico Abele possa essere guarito dalla lebbra:

«Ma ecco là qualcosa fra le frasche…».

«Sei tu, Abele?».

«Sono io».

«Vieni. Il Maestro ti attende qui, sotto il noce».

Il lebbroso emerge dal fosso e monta sulla sponda, la valica, si addentra nel prato. Gesù, col dorso addossato ad un altissimo noce, lo attende.

«Maestro, Messia, Santo, pietà di me!», e si butta tutto fra l’erba, ai piedi di Gesù. Col volto al suolo dice ancora: «O Signore mio! Se Tu vuoi, Tu puoi mondarmi!». E poi osa alzarsi sui ginocchi e tende le braccia scheletrite, dalle mani contorte, e tende il volto ossuto, devastato… Le lacrime scendono dalle orbite malate alle labbra corrose.

Gesù lo guarda con tanta pietà. Guarda questa larva d’uomo che il male orrendo divora, e che solo una vera carità può sopportare vicino, tanto è ripugnante e maleodorante. Eppure ecco che Gesù tende una mano, la sua bella, sana mano destra, come per carezzare il poveretto.

Questo, senza alzarsi, si butta però indietro, sui calcagni, e grida: «Non mi toccare! Pietà di Te!».

Ma Gesù fa un passo avanti. Solenne, buono, soave, posa le sue dita sulla testa mangiata dalla lebbra e dice, con voce piana, tutta amore eppure piena di imperio: «Lo voglio! Sii mondato!». La mano rimane per qualche minuto sulla povera testa. «Alzati. Vai dal sacerdote. Compi quanto la Legge prescrive. E non dire quanto ti ho fatto. Ma solo sii buono. Non peccare mai più. Ti benedico».

«Oh! Signore! Abele! Ma tu sei tutto sano!». Samuele, che vede la metamorfosi dell’amico, grida di gioia.

«Sì. È sano. Lo ha meritato per la sua fede. Addio. La pace sia con te».

«Maestro! Maestro! Maestro! Io non ti lascio! Io non ti posso lasciare!».

«Fai quanto vuole la Legge. Poi ci vedremo ancora. Per la seconda volta sia su te la mia benedizione».

Gesù si avvia facendo cenno a Samuele di restare. E i due amici piangono di gioia, mentre alla luce di un quarto di luna tornano alla spelonca per l’ultima sosta in quella tana di sventura. La visione cessa così. (EMV 63.5)

Carattere ed aspetto fisico

Leggi il terribile aspetto fisico di Abele, quando era ancora malato di lebbra, nella descrizione fatta da Maria Valtorta:

lebbra
Erosione degli arti inferiori in un malato di lebbra
Con una precisione da fotografia perfetta ho davanti alla vista spirituale, da stamane prima ancor che fosse l’alba, un povero lebbroso.

Questo è veramente un rudere di uomo. Non saprei dire che età ha, tanto è devastato dal male. Scheletrito, seminudo, mostra il suo corpo ridotto allo stato di una mummia corrosa, dalle mani e dai piedi contorti e mancanti di parti, di modo che quelle povere estremità non paiono neppur più di uomo. Le mani, artigliate e contorte, hanno della zampa di qualche mostro alato, i piedi paiono quasi zoccoli di bove, tanto sono mozzi e sfigurati. La testa poi!… Io credo che uno rimasto insepolto, e che divenga mummificato dal sole e dal vento, sia simile nel capo a questo capo. Pochi superstiti ciuffetti di capelli, sparsi qua e là, appiccicati alla cute giallastra e crostosa come per polvere seccata su un teschio, occhi appena socchiusi e incavatissimi, labbra e naso sbocconcellati dal male mostrano già le cartilagini e le gengive, le orecchie sono due embrionali ruderi di padiglione, e su tutto è stesa una pelle incartapecorita, gialla come certi caolini, sotto la quale bucano le ossa. Pare abbia ufficio di tenere radunate queste povere ossa entro il suo lurido sacco, tutto frinzelli di cicatrici o lacerazioni di piaghe putride. Una rovina!

Penso proprio ad una Morte che sia vagante per la Terra e ricoperta da una pelle incartapecorita sullo scheletro, avvolta in un lurido manto tutto a brandelli, e avente in mano non la falce, ma un nodoso bastone, certo strappato a qualche albero. (EMV 63.1)

Percorso apostolico

Abele e Samuele di Corazim, amici inseparabili, restano tali anche nell’apostolato al seguito di Gesù. Prima vengono fatti aggregare al gruppo dei pastori della Natività, il primo nucleo di discepoli, poi a quello dei settantadue inviati ad evangelizzare «a due a due»[3]. Così Gesù parla dell'apostolato di Abele di Corazim:

«L’ho guarito presso Corazim una sera ormai lontana e poi l’ho lasciato. Ora lo ritrovo, mio annunziatore sui monti di Neftali. E, a conferma delle sue parole, egli alza i resti delle sue mani guarite ma menomate di parti e mostra i suoi piedi guariti ma deformi, con cui pure fa tanta strada. La gente capisce quanto era malato da quanto resta di lui e crede alle sue parole condite di lacrime di riconoscenza». (EMV 162.2)

Ed è lui a mandare verso Gesù la donna che da dodici anni era afflitta da perdite di sangue[4], nell'episodio della guarigione dell'emorroissa raccontato nei tre Vangeli sinottici: Matteo[5], Marco[6] e Luca[7], collegato al successivo miracolo della resurrezione della figlia di Giairo, il capo della sinagoga di Cafarnao[8].

Concordanze con i Vangeli

Secondo l'Opera di Maria Valtorta, Abele di Corazim sarebbe il lebbroso guarito da Gesù nell'episodio raccontato nel Vangelo di Marco[9] e nel Vangelo di Luca[10], ma non il lebbroso raccontato nell'episodio del Vangelo di Matteo[11], che è un'altra persona mondata dalla lebbra in un episodio avvenuto durante il Secondo anno della Vita pubblica di Gesù[12] ai piedi del monte delle Beatitudini.

I Vangeli Sinottici, invece, sono soliti associare lo stesso episodio del lebbroso guarito da Gesù. Tutti e tre i racconti, infatti, presentano lo stesso rituale: Gesù che stende la mano per toccare il lebbroso, poi pronuncia lo stesso comando: “Lo voglio, sii purificato”. Segue la raccomandazione di non rendere pubblica la guarigione e di andare dal sacerdote per fare le purificazioni prescritte dalla Legge[13].

I racconti dei Vangeli sinottici sono quindi molto simili, anche se sembrano collocare l'episodio della guarigione del lebbroso in posti diversi: mentre Matteo specifica che la guarigione avviene quando Gesù “scese dal monte”[14]. Marco colloca la guarigione del lebbroso subito dopo l'annuncio della partenza di Gesù “nei villaggi vicini”[15] di Cafarnao, e questo corrisponde esattamente al racconto di Maria Valtorta[16], che indica il villaggio di Corazim. Ma anche l'evangelista Luca colloca l'evento “in una città”[17], seppur senza precisare quale sia.

Il racconto dell'evangelista Matteo sembra collocare l'episodio della guarigione del lebbroso, direttamente dopo il grande Discorso della montagna, quando il gruppo apostolico scende dal monte. E anche l'Opera di Maria Valtorta descrive la guarigione di un altro lebbroso ai piedi del monte, compiuta da Gesù dopo il Discorso della montagna, quando scende dal monte delle Beatitudini in direzione di Cafarnao[18].

Matteo (Mt 8,1-4) Marco (Mc 1,38; 1,40-45) Luca (Lc 5,12-16)
1 Scese dal monte e molta folla lo seguì. 2 Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: "Signore, se vuoi, puoi purificarmi". 38 Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là … 40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 12 Mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: "Signore, se vuoi, puoi purificarmi".
3 Tese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio: sii purificato!". E subito la sua lebbra fu guarita. 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 13 Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii purificato!". E immediatamente la lebbra scomparve da lui.
4 Poi Gesù gli disse: "Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va' invece a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro". 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 14 Gli ordinò di non dirlo a nessuno: "Va' invece a mostrarti al sacerdote e fa' l'offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro".
45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. 15 Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. 16 Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.

Il solo Vangelo di Marco annota che Gesù “Ne ebbe compassione”, mentre la cosa risulta essere evidente nella narrazione di Maria Valtorta. Il Vangelo di Marco annota anche che il lebbroso “si mise a proclamare e a divulgare il fatto”. Questo atteggiamento, che sembra contravvenire all’ordine di Gesù, trova la sua spiegazione nel commento che Gesù fa sull’apostolato di Abele, divenuto insieme a Samuele, un discepolo fervente[19]. Non è ancora stata trovata nessun’altra corrispondenza del suo nome nelle liste che vantano di nominare tutti i settantadue discepoli.

Origine del suo nome

Abele significa “soffio”, ma anche “figlio”. Figura storica: Abele è il figlio minore dei progenitori Adamo ed Eva, il pastore ucciso dal fratello Caino, per gelosia[20].

Dove lo incontriamo nell’Opera?

Volume 1: EMV 63

Volume 3: EMV 162

Volume 4: EMV 230 EMV 250 EMV 278 EMV 280

Volume 5: EMV 354

Volume 6: EMV 376 EMV 404 EMV 405

Volume 7: EMV 446 EMV 466

Volume 8: EMV 535

Note

  1. nel secondo periodo di 4 mesi
  2. EMV 61.3
  3. Lc 10,1
  4. EMV 230
  5. Mt 9,20-22
  6. Mc 5,25-34
  7. Lc 8,43-48
  8. EMV 230
  9. Mc 1,40-45
  10. Lc 5,12-16
  11. Mt 8,1-4
  12. nel primo periodo di 4 mesi
  13. Lv 14,2
  14. Mt 8,1
  15. Mc 1,38
  16. EMV 62.4
  17. Lc 5,12
  18. in EMV 175
  19. EMV 162
  20. Gen 4,8