Albula Domitilla
È l'amica e confidente di Claudia Procula, la moglie di Ponzio Pilato, che definisce questa liberta romana una «seconda me stessa»[1].
È presente tra le dame romane che, in gran segreto, accompagnano Claudia Procula presso il palazzo di Cusa a Gerusalemme. Vanno, invitate da Giovanna di Cusa, per ascoltare gli insegnamenti del Maestro, ma Gesù ha organizzato diversamente, al palazzo si tiene un convito per i poveri della città. Maria Valtorta descrive l'arrivo delle dame romane che si presentano al palazzo di Cusa:Sono sette donne, vestite di oscure e dimesse vesti simili a quelle delle ebree. Un velo è sul volto di tutte e un mantello le copre fino ai piedi. Due sono alte e maestose, le altre di media statura. Ma quando, dopo aver venerato il Maestro, si levano il mantello è facile riconoscere Plautina, Lidia, Valeria; la liberta Flavia, quella che ha scritto le parole di Gesù nel giardino di Lazzaro; e poi vi sono tre sconosciute. Una dallo sguardo uso al comando [Claudia Procula] e che pure si inginocchia dicendo al Signore: «E con me Roma si prostri ai tuoi piedi», e poi una formosa matrona sui cinquant’anni [Albula Domitilla], e infine una giovinetta [Egla] esile e serena come un fior di campo. [EMV 370.19]Maria di Magdala si stupisce della presenza delle dame romane, in particolare di Claudia Procula, e offre un luogo riservato per non essere riconosciute. Ma Gesù ordina che anche loro, insieme ai discepoli e alle discepole, siano a servizio dei poveri, dando esempio di umiltà e carità:
Alla fine del pasto i poveri, che sono centinaia, inneggiano a Gesù grati per il banchetto e, finalmente, il Signore parla a tutti i presenti:«No, Maria. Alle tavole, a servire i mendichi. Nessuno potrà pensare che le patrizie siano serve ai poveri, agli infimi del mondo ebraico», dice Gesù.
«Bene sentenzi, o Maestro. Perché la superbia è innata in noi».
«E l’umiltà è il segno più netto della mia dottrina. Chi mi vuole seguire deve amare la Verità, la Purezza e l’Umiltà, avere carità per tutti ed eroismo per sfidare l’opinione degli uomini e le pressioni dei tiranni. Andiamo».[EMV 370.19]
«Viva, sì, viva Gesù, non perché Io sono Gesù. Ma perché Gesù vuol dire l’amore di Dio fatto carne e sceso fra gli uomini per essere conosciuto e per far conoscere l’amore che sarà il segno della nuova èra. Viva Gesù perché Gesù vuol dire “Salvatore”. Ed Io vi salvo. Vi salvo tutti, ricchi e poveri, fanciulli e vegliardi, israeliti e pagani, tutti, purché voi vogliate darmi la volontà di essere salvati. Gesù è per tutti. Non è per questo o quello. Gesù è di tutti. Di tutti gli uomini e per tutti gli uomini. Per tutti sono l’Amore misericorde e la Salvezza sicura. Cosa è necessario fare per essere di Gesù, e perciò per avere salvezza? Poche cose. Ma grandi cose. Non grandi perché cose difficili come quelle che fanno i re. Ma grandi perché vogliono che l’uomo si rinnovelli per farle e per divenire di Gesù. Perciò amore, umiltà, fede, rassegnazione, compassione. Ecco. Voi, che discepoli siete, cosa avete fatto oggi di grande? Direte: “Nulla. Abbiamo servito un pasto”. No. Avete servito l’amore. Vi siete umiliati. Avete trattato da fratelli gli sconosciuti di tutte le razze, senza chiedere chi sono, se sono sani, se sono buoni. E lo avete fatto in nome del Signore. Forse speravate grandi parole da Me, per la vostra istruzione. Vi ho fatto fare grandi fatti. Abbiamo iniziato il giorno con la preghiera, abbiamo sovvenuto lebbrosi e mendichi, abbiamo adorato l’Altissimo nella sua Casa, abbiamo iniziato le agapi fraterne e la cura dei pellegrini e dei poveri, abbiamo servito perché servire per amore è essere simile a Me che sono Servo dei servi di Dio, Servo fino ad annichilimento di morte per ministrare a voi salvezza…». [EMV 370.21]L'arrivo di un gruppo scalmanato di israeliti e dell'impudica Salomè pone fine al convito. Giuda di Keriot torna con la notizia che i nemici stanno cercando Gesù presso la casa nel Getsemani. Apostoli e discepoli sono assaliti da paura e sgomento, subito accettano la protezione offerta dalla coraggiosa Maria di Magdala e si ricoverano nel più sicuro palazzo di Lazzaro a Gerusalemme. Anche le dame romane vanno e durante il tragitto Claudia Procula fa chiamare Giuda di Keriot per offrire la sua personale protezione al Maestro. Albula Domitilla sarà la persona fidata a cui rivolgersi per arrivare direttamente a lei e proteggere Gesù in caso di necessità:
Albula Domitilla insieme a Plautina, Lidia e Valeria si reca in missione a Cesarea Marittima per incontrare Gesù. Le quattro dame romane sono state inviate direttamente da Claudia Procula, camuffate da donne greche, per verificare se quanto Giuda di Keriot le ha riferito fosse vero. Giuda, infatti, ha provato a negoziare segretamente il sostegno di Roma per un’illusoria presa di potere di Gesù e la restaurazione del Regno d'Israele[2]. In realtà Gesù parlava di essere Re di un unico Regno spirituale, per tutti gli uomini:«Sì. Io. Alzati e ascolta. Tu ami il Nazareno. Del suo bene ti preoccupi. Bene fai. È un virtuoso e va difeso. Noi lo veneriamo come grande e giusto. I giudei non lo venerano. Lo odiano. So. Ascolta. E intendi bene, e bene ricorda e applica. Io lo voglio proteggere. Non come la lussuriosa di poc’anzi. Con onestà e virtù. Quando il tuo amore e la tua sagacia ti lasceranno capire che vi è insidia per Lui, vieni o manda. Claudia tutto può su Ponzio. Claudia otterrà protezione per il Giusto. Intendi?».
«Perfettamente, domina. Il nostro Dio ti protegga. Verrò, solo che possa, verrò io, personalmente. Ma come passare da te?».
«Chiedi sempre di Albula Domitilla. È una seconda me stessa, ma nessuno si stupisce se parla con giudei, essendo quella che si occupa delle mie liberalità. Ti crederanno un cliente. Forse ti umilia?».
«No, domina. Servire il Maestro e ottenere la tua protezione è onore».
«Sì. Vi proteggerò. Una donna sono. Ma sono dei Claudi. Posso più di tutti i grandi in Israele perché dietro me è Roma. Tieni, intanto. Per i poveri del Cristo. Il nostro obolo. Però… vorrei essere lasciata fra i discepoli questa sera. Procurami questo onore e tu sarai protetto da Claudia».
Su un tipo come l’Iscariota le parole della patrizia operano prodigiosamente. Egli va al settimo cielo!… Osa chiedere: «Ma tu veramente lo aiuterai?».
«Sì. Il suo Regno merita di essere fondato, perché è regno di virtù. Ben venga, in opposizione alle laide onde che coprono i regni attuali e che schifo mi fanno. Roma è grande, ma il Rabbi è ben più grande di Roma. Noi abbiamo le aquile sulle nostre insegne e la superba sigla. Ma sulle sue saranno i Geni e il santo suo Nome. Grande sarà, veramente grande Roma, e la Terra, quando metteranno quel Nome sulle loro insegne e il suo segno sarà sui labari e sui templi, sugli archi e le colonne».
Giuda è trasecolato, sognante, estatico. Palleggia la pesante borsa che gli è stata data, e lo fa macchinalmente, e dice col capo di sì, di sì, di sì, a tutto…
«Or dunque andiamo a raggiungerli. Alleati siamo, non è vero? Alleati per proteggere il tuo Maestro e il Re degli animi onesti». [EMV 371.3]
«Venite…», dice Gesù alle donne. E con esse va in fondo alla piazza, sotto la tettoia fetente, dentro lo stanzino stretto come una cella, dove sono attrezzi rotti, cenci, scarti di canapa, ragnatele gigantesche, e dove l’odore del macero e della muffa mordono in gola, tanto sono acuti. Gesù, che è molto serio e pallido, ha un breve sorriso dicendo: «Non è luogo consono ai vostri gusti… Ma non ho altro…».«Non vediamo il luogo, perché vediamo Chi lo abita in questo momento», risponde Plautina levandosi velo e mantello, imitata dalle altre che sono Lidia, Valeria e la liberta Albula Domitilla.
«Da ciò arguisco che, nonostante tutto, voi mi credete ancora un giusto».
«Di più che un giusto. E Claudia ci manda appunto perché ti crede più che un giusto e non tiene conto delle parole udite. Però ne vuole conferma da Te per darti raddoppiata venerazione».
«O levarmela, se le appaio come vollero illustrarmi. Ma rassicuratela. Io non ho mire umane. Il mio ministero e il mio desiderio è tutto e soltanto soprannaturale. Voglio, sì, riunire in un unico regno tutti gli uomini. Ma che degli uomini? La carne e il sangue? No. Quello lo lascio, materia labile, alle labili monarchie, agli incerti imperi. Io voglio riunire sotto il mio scettro soltanto gli spiriti degli uomini, spiriti immortali in un regno immortale. Io ripudio ogni altra versione della mia volontà, data da chicchessia, diversa a questa. E vi prego credere, e dire a colei che vi manda, che la Verità non ha che una sola parola…».
«Il tuo apostolo parlava con tale sicurezza…».
«È un fanciullo esaltato. Va ascoltato per tale».
«Ma ti nuoce! Rimproveralo… Scaccialo…».
«E la mia misericordia dove sarebbe allora? Egli fa ciò per un errato amore. Non devo compatire perciò? E che si muterebbe se Io lo scacciassi? Egli farebbe doppio male a lui e a Me».
«Allora ti è come una palla al piede!…».
«Mi è come un infelice da redimere…». [EMV 426.4]
Ritroviamo Albula Domitilla accanto a Claudia Procula ad Efraim, dove Gesù si è ritirato dopo il suo esilio[3].
On la retrouve aux côtés de Claudia quand celle-ci va retrouver Jésus banni à Éphraïm.[4] et c'est elle qui porte à Ponce Pilate le message de son épouse dans lequel elle lui demande de "ne pas se mêler des affaires de ce Juste"[5].
Carattere ed aspetto fisico
Una robusta matrona di circa cinquant’anni. È intraprendente, ma discreta, fidata amica di Claudia Procula che gli affida incarichi delicati e importanti.
Percorso apostolico
Come il piccolo gruppo di donne romane, anche lei diventa credente.[6].
Dove la incontriamo nell’Opera?
EMV 370 EMV 563
Concordanze storiche
Secondo Jean-François Lavère Son nom interroge car l'histoire de cette époque, avec Suétone ("Vie de Vespasien"), connaît une Domitilla, épouse de Flavius Liberalis, un simple greffier du questeur (trésorier) de la légion "X Fretensis", justement celle chargée de la Syrie et de la Palestine. Cet humble couple est en effet connu par leur fille, Domitilla l'aînée qui épousera un plébéien au destin exceptionnel : Vespasien, le futur empereur.
Maria Valtorta ne dit rien du mari d'Albula, mort ou vivant, on ne sait, mais mentionne plusieurs fois à ses côtés l'affranchie Flavia. Les indices concordent.
Flavia Domitilla l'aînée fut la favorite de Statilius Capella, un chevalier romain originaire de Sabrata en Afrique. Elle était de droit latin mais fut déclarée citoyenne romaine et de naissance libre, sur la demande de son père. En 38/39, elle épousa Vespasien nommé empereur trente ans plus tard et devint mère de Titus, Domitien et de Domitilla, elle-même mère de saint Domitille (Flavia Domitilla) exilée comme chrétienne sur l'ordre de son oncle.