Camillo

Da Wiki Maria Valtorta.
Saluto dei soldati romani a Gesù
Guarigione del soldato romano” di Lorenzo Ferri dal volume “Valtorta and Ferri
Cartina della Palestina: Beteron

Camillo è un soldato romano che fa parte di un drappello di militi che, disposto in formazione serrata, sta raggiungendo la città di Beteron. Ma cade rovinosamente e subisce la frattura multipla della gamba. L'incidente avviene dopo che il reparto di soldati ha lasciato la strada romana ben costruita e pavimentata, per salire lungo una via giudaica ciottolosa e fangosa, che si dirige alla vetta dove c'è il paese. Camillo scivola sulle pietre bagnate dalla pioggia procurandosi una doppia frattura: alla gamba, con il piede girato all'interno e una più in alto, all'anca. L'episodio avviene nel periodo indicato come Terzo anno della Vita pubblica di Gesù[1] dell'Opera L'Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta.

Impossibilitato a proseguire nella marcia e respinto dalla popolazione del paese che rifiuta di soccorrerlo e ospitarlo perché pagano, Camillo giace a terra in preda al dolore mentre il suo drappello è costretto a fermarsi. Il decurione al comando, ricordando le precedenti guarigioni miracolose operate da Gesù di Nazaret a beneficio di altri romani, corre giù per la discesa a chiedere l'intervento del Nazareno, che aveva appena superato sulla stessa via in salita verso Beteron, accompagnato dai suoi Apostoli:

Si ferma davanti a Gesù. «Salve! Tu sei il Nazareno?».

«Lo sono. Che vuoi da Me?».

I seguaci di Gesù accorrono credendo chissà che…

«Un giorno un nostro cavallo colpì un fanciullo ebreo e Tu lo guaristi[2] per impedire che gli ebrei schiamazzassero contro di noi. Ora le pietre ebree hanno fatto cadere un soldato ed egli giace con la gamba rotta. Non posso fermarmi. Sono di servizio. Nessuno in paese lo vuole. Camminare non può. Non posso trascinarmelo dietro con la gamba rotta. So che non ci disprezzi come fanno tutti gli ebrei».

«Tu vuoi che Io guarisca il soldato?».

«Sì. Hai guarito anche il servo del Centurione e la bambina di Valeria. Hai salvato Alessandro dall’ira dei tuoi compatrioti. Queste cose si sanno, in alto e in basso».

«Andiamo dal soldato». […]

E Gesù cammina dietro al graduato, che divora la via con le sue lunghe gambe nerborute e libere da impacci di vesti. Ma, anche camminando così, davanti a tutti, trova il modo di dire qualche parola a chi lo segue per primo, e che è Gesù, e dice: «Ero con Alessandro un tempo. Egli ti… Parlava di Te. Il caso mette Te presso me in questo momento».

«Il caso? Perché non dire Dio? Il vero Dio?».

Il soldato tace qualche momento e poi dice, in modo che Gesù solo senta: «Il vero Dio sarebbe quello ebreo… Ma non si fa amare. Se è come gli ebrei! Neanche di uno ferito hanno pietà…».

«Il vero Dio è il Dio degli ebrei come dei romani, dei greci, degli arabi, dei parti, sciti, iberi, galli, celti, libici ed iperborei. Non vi è che un Dio. Ma molti non lo conoscono, altri lo conoscono male. Se lo conoscessero bene, sarebbero tutti fra loro come fratelli e non vi sarebbero soprusi, odi, calunnie, vendette, lussurie, furti e omicidi, adulterii e menzogne. Io conosco il vero Dio e sono venuto per farlo conoscere».

«Si dice… Noi dobbiamo aver sempre le orecchie in ascolto per riferire ai centurioni e questi al Proconsole. Si dice che Tu sei Dio. È vero?». Il milite è molto… preoccupato nel dire questo. Guarda Gesù da sotto l’ombra del suo elmo, e pare quasi pauroso.

«Lo sono».

«Per Giove! È dunque vero che gli dèi scendono a conversare con gli uomini? Aver girato tutto il mondo dietro le insegne e venire qui, già vecchio, a trovare un dio!».

«Il Dio. Unico. Non un dio», corregge Gesù.

Ma il soldato è annichilito dall’idea di precedere un dio… Non parla più… Pensa. (EMV 514.7)

Gesù si reca sul luogo e, nonostante le preoccupazioni del soldato ferito che lo supplica di fargli poco male, tocca appena con la punta delle dita il punto della frattura. Alla domanda di Gesù se sia capace di aver fede, Camillo risponde affermativamente. Invitato ad alzarsi, il soldato si rialza immediatamente, completamente guarito da entrambe le fratture, tra lo stupore dei presenti:

Gesù guarda il romano steso ai suoi piedi: «E tu sai aver fede?».

«Io sì. Che devo fare?».

«Alzarti».

«Bada, Camillo, che…», sta dicendo il graduato. Ma il soldato è già in piedi, agile, risanato.

Gli israeliti non gridano osanna. Non è un ebreo il guarito. Anzi sembrano malcontenti, o per lo meno con un viso che esprime critica all’atto di Gesù. Ma i soldati non lo sono. E snudano le corte e larghe daghe e le alzano nell’aria bigia dopo averle battute sugli scudi come per fare un rumore di festa. Gesù è in mezzo al cerchio di lame.

Il graduato lo guarda. Non sa come esprimersi, cosa fare, lui, uomo presso un dio, lui, pagano presso Dio… Pensa e trova che almeno deve fare a Dio ciò che farebbe al Cesare. E ordina il saluto militare all’imperatore (almeno credo che sia così, perché sento risuonare un «Ave!» potente, mentre le lame balenano mettendosi quasi orizzontali in cima al braccio teso). E, non contento ancora, il graduato dice sottovoce: «Va’ tranquillo anche di notte. Le strade… tutte sorvegliate. Servizio contro i ladroni. Sarai sicuro. Io…». Si arresta. Non sa che dire più.

Gesù gli sorride dicendo: «Grazie. Va’ e sii buono. Anche coi ladroni sii umano. Fedele al tuo servizio ma senza crudeltà. Sono degli infelici. E dovranno rendere conto del loro operato a Dio».

«Lo sarò. Salve! Vorrei vederti ancora…».

Gesù lo guarda fisso fisso. Poi dice: «Ci rivedremo. Su un altro monte». E torna a ripetere: «Siate buoni. Addio».

I soldati si rimettono in marcia. (EMV 514.9)

Percorso apostolico

L'episodio di Camillo rappresenta uno degli incontri tra Gesù e i romani, evidenziando il contrasto tra la fede semplice del soldato pagano e lo scetticismo di parte della popolazione ebraica. La guarigione istantanea, la gratitudine dei militari e l'anteporre la guarigione di un soldato straniero a quella di una donna ebraica, imparentata con un potente fariseo, sottolineano il carattere universale del messaggio evangelico, che supera le barriere etniche e religiose, ieri come oggi.

Anche il Decurione romano che interroga Gesù lungo la strada e lo accompagna da Camillo, intraprende un profondo cammino di conversione. Sarà infatti lui, il Venerdì Santo, ai piedi della Croce sul Gòlgota, a proclamare:

«Costui, che voi avete crocifisso, era realmente il Figlio di Dio!». (EMV 609.30)

L’episodio è riportato anche nel Vangelo di Marco[3]. Il Decurione romano potrebbe essere identificato con Cornelio, il centurione menzionato negli Atti degli Apostoli[4], considerato il primo pagano convertito al cristianesimo..

Origine del suo nome

Camillo è un nome di origine romana, è ricondotto al termine latino Camillus, dove i 'camilli' erano dei giovani di gradevole aspetto che assistevano i sacerdoti durante i riti sacrificali romani. Anche nel messale romano, il "Camillus" è l'assistente alla celebrazione eucaristica, detto anche ministrante. Al tempo il nome Camillo era legato alla fama del condottiero romano Marco Furio Camillo (446 a.C. circa – 365 a.C.) ricordato come il Secondo Fondatore di Roma.

Dove lo incontriamo nell’Opera?

Volume 8: EMV 514

Note

  1. nel terzo periodo di 4 mesi
  2. Guarigione di un bambino colpito dal cavallo di Alessandro: EMV 115
  3. Mc 15,39
  4. At 10,1