Pastori della Natività

Da Wiki Maria Valtorta.
Adorazione dei Pastori di Lorenzo Ferri
Adorazione dei Pastori di Lorenzo Ferri dal volume “Valtorta and Ferri” (immagine colorizzata)

I dodici pastori della Natività, secondo l’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta, non furono soltanto i primi testimoni della Nascita di Gesù, ma anche le radici vive della futura evangelizzazione operata da Cristo. Il mettersi alla loro ricerca (insieme alla scelta e chiamata degli apostoli), costituisce uno dei primi atti della Vita Pubblica di Gesù:

«Voglio vedere gli altri pastori. Li spargo, veri pastori, per la Palestina, perché chiamino a raccolta le pecore e il Padrone del gregge sia conosciuto almeno di nome, di modo che, quando quel nome Io lo dica, esse sappiano che sono Io il Padrone del gregge e vengano a Me per avere carezze». (EMV 85.1)

Il ruolo e il valore della loro testimonianza è sottolineato dal fatto che due di loro, Mattia (chiamato anche Tobia) e Giuseppe, (figlio di Giuseppe, un pastore di Betlemme), rimasti entrambi orfani del padre a seguito della Strage degli Innocenti, furono indicati come possibili successori di Giuda Iscariota nel collegio apostolico. La scelta cadde poi su Mattia, che divenne apostolo. Giuseppe, detto “il Giusto”, ricevette invece da Gesù, sin dall’inizio della vita pubblica, la missione di evangelizzare:

«Trattengo questo figlio (e accenna Giuseppe) perché delego a lui l’incarico di portare ai suoi compagni le mie parole, perché anche là si formi un nucleo valido che mi annunci non con il solo annuncio del mio essere, ma con le più essenziali caratteristiche della mia dottrina». (EMV 91.1)

Tra i pastori della Natività si distingue anche Isacco, figura di riferimento tra i discepoli. Aveva consacrato a Gesù tutta la sua vita e le sue forze, fino a morire nella notte che segue l’Ascensione del Signore al Cielo. Grazie all'Opera di Maria Valtorta veniamo a conoscenza che i pastori non compaiono soltanto nel giorno della Natività, ma sono presenti in tutti i momenti chiave del cammino terreno di Cristo: Nascita, Passione, Resurrezione e Ascensione. Sono sempre chiamati a stare vicini al Maestro, che, prima di salire al Cielo, li ringrazia esplicitamente per la loro fedeltà:

«Qui. Voi vicini al Signore che era venuto dal Cielo, curvi sul suo annichilimento, voi vicini al Signore che al Cielo ritorna, con gli spiriti gioenti della sua glorificazione. Avete meritato questo posto, perché avete saputo credere contro ogni circostanza in sfavore e avete saputo soffrire per la vostra fede. Io vi ringrazio del vostro amore fedele». (EMV 638.19)

I loro nomi

Nella Notte di Natale, dopo l’annuncio angelico, i pastori corrono alla grotta per adorare il Bambino. Portano con sé doni semplici e concreti — latte caldo di pecora e lana — e si intrattengono con la Vergine Maria e San Giuseppe. Promettono di cercare un alloggio più decoroso per la Sacra Famiglia e di recarsi a Ebron per informare Zaccaria ed Elisabetta della nascita del Salvatore. Prima di congedarsi, ciascuno di loro si presenta pronunciando il proprio nome, gesto che suggella il loro ruolo di primi adoratori e futuri discepoli:

[Dice Maria:] «Mi ricorderò di te, di voi tutti…».

«Dirai al tuo Bambino di noi?».

«Lo dirò».

«Io sono Elia».

«E io Levi».

«Ed io Samuele».

«E io Giona».

«Ed io Isacco».

«Ed io Tobia».

«Ed io Gionata».

«Ed io Daniele».

«E Simeone io».

«E Giovanni mi chiamo io».

«Io Giuseppe e mio fratello Beniamino, siamo gemelli».

«Ricorderò i vostri nomi». (EMV 30.9)

  • Beniamino di Betlemme, poi pastore sulle montagne del Libano insieme a Daniele. Dopo la strage degli innocenti, ordinata da Re Erode, i betlemmiti scacciano i pastori perché li ritengono colpevoli della loro sciagura. È il fratello gemello di Giuseppe e fa parte del gruppo dei settantadue discepoli.
  • Daniele di Betlemme, poi pastore sulle montagne del Libano insieme a Beniamino. Fa parte del gruppo dei settantadue discepoli. Insieme agli altri pastori della Natività che sono ancora vivi, si ritrovano a Gerusalemme per l’ultima Pasqua e sono presenti ai piedi della croce.
  • Elia di Betlemme, è il pastore incontrato da Maria e Giuseppe prima di arrivare a Betlemme, dà loro le indicazioni per raggiungere la grotta nel caso in cui non dovessero trovare alloggio nell'albergo e ristora Maria offrendole una ciotola di latte appena munto. Perde moglie e figli durante la strage degli Innocenti ed è costretto a fuggire sulle altura che vanno a Ebron, portando con sé il piccolo pastore Levi e il figlio del pastore Giuseppe, morto anch'egli nella strage. Elia fa parte del gruppo dei settantadue discepoli.
  • Giona di Esdrelon, poi a servizio del perfido fariseo Doras nelle terre della pianura di Esdrelon che, con l’inganno, lo rende suo schiavo e lo massacra di lavoro. Nonostante ciò, Giona diffonde la Buona Novella tra i contadini della piana di Esdrelon. Gesù lo riscatterà dal crudele padrone rendendolo libero, ma morirà subito dopo a causa dei tanti maltrattamenti subiti.
  • Gionata di Betlemme, poi a servizio di Cusa, l'intendente di Erode Antipa. Giovanna, la moglie di Cusa, trovandosi in punto di morte a causa della tisi, invia Gionata da Gesù per essere soccorsa e viene guarita. Gli impegni di Gionata lo trattengano dal dedicarsi totalmente all’apostolato o di seguire Gesù, ma lo fa occasionalmente, accompagnando la sua padrona.
  • Giovanni di Betlemme, poi discepolo di Giovanni Battista insieme ai pastori Mattia e Simeone. Con loro, grazie all'interessamento di Mannaen, entra a lavorare nelle cucine della fortezza di Macheronte dove il Battista è tenuto prigioniero e, dopo il suo martirio, va ad annunciare a Gesù la sua morte. Fa parte del gruppo dei settantadue discepoli.
  • Giuseppe di Betlemme, è il fratello gemello di Beniamino e muore durante la strage degli Innocenti per salvare la moglie e il figlio neonato, che poi prenderà il suo stesso nome. Giuseppe figlio di Giuseppe, infatti, cresciuto con il pastore Elia e con Levi, raccoglie il testimone del padre e diviene discepolo, conosciuto anche come Giuseppe il giusto, sarà proposto come possibile apostolo e successore di Giuda di Keriot, insieme a Tobia (detto Mattia).
  • Isacco di Jutta, sopravvissuto alla Strage degli Innocenti, fu costretto a fuggire e trovò rifugio a Jutta, dove una grave malattia renale lo rese infermo e lo condusse alla miseria. Soccorso da Sara e Gioacchino, venne poi guarito da Gesù e divenne uno dei settantadue discepoli, distinguendosi per il suo zelo nell’annuncio evangelico. Incapace di sopportare una nuova separazione dal Maestro, morì la sera stessa dell’Ascensione[1].
  • Levi di Betlemme, è il più piccolo dei pastori, al momento della Natività era un fanciullo di circa dodici anni e fu il primo a scorgere l’angelo annunziatore. Scacciato dai betlemmiti dopo la strage degli Innocenti, trova lavoro come pastore, insieme ad Elia, presso un ricco erodiano di Gerusalemme. Quando rincontra Gesù, nei pressi di Ebron, è sui quarant’anni e diventa uno dei settantadue discepoli. Assiste alla Passione e beneficia, come gli altri pastori, dell’apparizione del Cristo Risorto.
  • Samuele di Betlemme, dopo la strage degli Innocenti entra a servizio del sacerdote Zaccaria, il padre di Giovanni Battista. Al momento dell’inizio della Vita Pubblica di Gesù, Samuele è ormai morto di vecchiaia da vent’anni, e la sua tomba è ad Ebron.
  • Simeone di Betlemme, poi discepolo di Giovanni Battista insieme ai pastori Giovanni e Mattia. Con loro, grazie all'interessamento di Mannaen, entra a lavorare come palafreniere nella fortezza di Macheronte dove il Battista è tenuto prigioniero e, dopo il suo martirio, va ad annunciare a Gesù la sua morte. Fa parte del gruppo dei settantadue discepoli.
  • Tobia (detto Mattia), cambia il suo nome in ricordo del padre Mattia, ucciso durante la strage degli Innocenti. Poi discepolo di Giovanni Battista insieme ai pastori Giovanni e Simeone. Con loro, grazie all'interessamento di Mannaen, entra a lavorare nelle cucine della fortezza di Macheronte dove il Battista è tenuto prigioniero e, dopo il suo martirio, va ad annunciare a Gesù la sua morte. Fa parte del gruppo dei settantadue discepoli e gode di un grande ascendente sugli altri grazie alla sua saggezza e alla sua giustizia che gli conferiscono autorevolezza. Viene eletto apostolo in sostituzione di Giuda di Keriot.

I pastori del Grande Ermon

Oltre ai pastori della Notte di Betlemme, l’Opera di Maria Valtorta menziona anche un gruppo di pastori del Libano, che si erano recati a Gerusalemme nei giorni precedenti la Passione perché desideravano vedere Gesù, da loro chiamato «l’Amico dei pastori». Ma poi erano fuggiti da Gerusalemme spaventati dagli eventi. Tra coloro che non avevano mai visto Gesù vengono menzionati: Giacobbe, Giacomo, Melchia, Saul e Toma, noti come i pastori del Grande Ermon (o Hermon), il monte più imponente della catena montuosa a sud del Libano che sovrasta tutta la Palestina. Gesù Risorto appare loro per esaudire il desidero di questi pastori semplici e umili di essere visto:

[Dice Gesù:] «Figliuoli miei, coloro che vivono ciò che Egli ha insegnato, tenendo nel cuore il suo insegnamento, è come se avessero Gesù nel cuore. Perché Parola e Dottrina sono una cosa sola. Egli non era un Maestro che insegnasse cose che non fossero quale Egli era. Perciò, chi fa ciò che Egli ha detto, ha Gesù vivente in lui e non gli è diviso».

«Dici bene. Ma siamo poveri uomini e… vogliamo vedere anche con gli occhi per sentire bene la gioia… Io non l’ho visto mai, e mio figlio neppure, e non Giacobbe, quello. E non Melchia, quello. E non Giacomo, quello. E non Saul. Vedi, solo fra noi, quanti non lo hanno visto? Sempre lo cercavamo, e quando si arrivava Egli era partito».

«Non eravate a Gerusalemme quel giorno?».

«Oh! c’eravamo! Ma, quando abbiamo saputo cosa volevano fargli, siamo fuggiti come pazzi sui monti, tornando in città dopo il sabato. Non siamo colpevoli del Sangue di Lui, perché non eravamo nella città. Ma facemmo male ad essere vili. Lo avremmo visto, almeno, e salutato. Certo Egli ci avrebbe benedetti per il nostro saluto… Ma proprio non abbiamo avuto coraggio di guardarlo fra i tormenti…».

«Egli vi benedice ora. Guardate Colui del quale desiderate conoscere il Volto».

Si manifesta, splendidamente divino sul verde del prato. Davanti al loro stupore, che li getta a terra ma che anche inchioda le loro pupille sul Volto divino, Egli dispare in un fulgore di luce. (EMV 632.35)

(Il nome del pastore Toma, che non viene citato nell'episodio, è menzionato da un pastore alto e nerboruto nell'osteria di Betginna, prima della guarigione della figlia lunatica dell’albergatore[2]).

Per saperne di più su questi personaggi

Betlemme - Il campo dei pastori
Santuario del Gloria in Excelsis Deo (Betlemme)

La memoria dell’annuncio ai pastori, in Terra Santa, viene oggi conservata poco fuori Betlemme, nel luogo detto Campo dei Pastori dove sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, fece costruire una basilica intitolata agli Angeli e ai Pastori, andata distrutta nel X secolo. Nel 1953 i frati francescani al servizio della Terra Santa fecero costruire, sulle rovine di un antico monastero del V secolo, il Santuario Gloria in Excelsis Deo al Campo dei Pastori nella odierna cittadina di Beit-Sahur (o Bayt Sahur). Le presunte reliquie dei pastori della Natività vennero traslate in Spagna nel 960, precisamente a Ledesma, nella Diocesi di Salamanca, dove venne istituita una confraternita dedita al loro culto. Il 16 luglio 1864 il Vescovo di Salamanca le collocò nell’altare maggiore della nuova Chiesa dei SS. Pietro e Ferdinando, che sostituiva la precedente di San Pietro, distrutta da un incendio. Per anni le reliquie rimasero dimenticate finché, nel 1965, riapparvero durante alcuni lavori di restauro. Venne rinvenuta una cassa di legno in forma di feretro, rivestita di pelle e chiusa a chiave. All’interno, rivestito di seta bianca, vennero trovati alcuni ossi, tre crani, un badile, un cucchiaio di legno, un paio di forbici anch’esse in legno e alcuni lembi di cuoio. Ad essi era allegata una scritta, che attribuiva ai pastori i nomi di Josefo, Ysacio e Jacobo e rendendoli, quindi, eredi delle promesse rivolte ai patriarchi Giuseppe, Isacco e Giacobbe.

(fonte: Pastori di Betlemme su Santi e Beati)[3]

Un’antica tradizione e memoria di questi personaggi si ritrova in alcune testimonianze storiche del VII secolo, infatti, il Vescovo della Gallia Arculfo si recò in pellegrinaggio in Terra Santa e riferì di aver visto a Betlemme, nella prima basilica della Natività, i sepolcri di tre pastori. Dal X secolo le reliquie di questi pastori furono trasferite in Spagna e sono tuttora conservate nella Chiesa di San Fernando y San Pedro a Ledesma, nella Diocesi di Salamanca. Un’iscrizione custodita con le reliquie recita: «I gloriosi Giuseppe, Isacco e Giacobbe, pastori di Betlemme che hanno meritato di vedere e adorare per primi il Cristo, Dio e Uomo, nato nella stalla».

(fonte: “Dictionnaire des personnages de l'évangile selon Maria Valtorta[4] di padre René Laurentin, François-Michel Debroise e Jean-François Lavère, Éditions Salvator, 2012)

Note