Claudia Procula

Da Wiki Maria Valtorta.
Claudia Procula
Ecce Homo” (particolare di Claudia Procula) di Antonio Ciseri
Cristo guarisce un lebbroso di Rembrandt
Discorso ai galeotti
Discorso ai galeotti a Cesarea” di Lorenzo Ferri dal volume “Valtorta and Ferri
Cesarea Marittima
Cartina della Palestina: Cesarea Marittima
Cesarea Marittima
“A Cesarea Marittima” di Lorenzo Ferri dal volume “Valtorta and Ferri

Questa patrizia romana apparteneva alla potente Gens Claudia, nobile famiglia romana di discendenza imperiale. Di sé stessa, Claudia Procula afferma con fierezza:

«… Sì. Vi proteggerò. Una donna sono. Ma sono dei Claudi. Posso più di tutti i grandi in Israele perché dietro me è Roma …» (EMV 371.3)

Suo marito, Ponzio Pilato, deve probabilmente a lei l’ascesa alla carica di Proconsole[1] della Giudea (26-36 d.C.). Sul ruolo determinante di Claudia Procula nel governo romano in Palestina commenta così l’apostolo Giuda di Keriot:

«… Ponzio si fida fino ad un certo punto dei suoi centurioni, buoni per le battaglie ma poco buoni per le ambascerie. E molto si serve della moglie, che deve essere intelligente fino all’astuzia, per sapere le cose con sicurezza. In verità il Proconsole è Claudia. Lui deve essere una nullità che sta su perché lei è lei come potenza e come consigliera». (EMV 393.4)

Dello stesso parere è il centurione Publio Quintilliano — destinato poi a diventare Tribuno ad Antiochia di Siria — che osserva:

«… Vieni presso il Pretorio. Claudia parla di Te come di un grande filosofo. È bene per Te perché… il proconsole è Claudia». (EMV 192.5)

Anche Mannaen, fratello di latte del re Erode Antipa e a servizio nella sua corte, conferma l'influenza di Claudia Procula sul marito Ponzio nel governare gli interessi romani in Palestina:

So di certo che Pilato ha richiamato all’ordine i turbolenti, dicendo che chiunque creerà sedizioni in questi giorni di festa sarà punito duramente. Credo non estranea a questa protezione di Pilato la moglie, e soprattutto le dame amiche della moglie. A Corte si sa tutto e nulla. Ma si sa abbastanza…» (EMV 362.6)

Claudia Procula incontra Gesù per la prima volta nei pressi di Gerusalemme, nel corso del Primo anno della Vita pubblica[2] quando assiste alla guarigione di un lebbroso nella zona dei sepolcri lungo la via di Betfage.

Maria Valtorta nel L’Evangelo come mi è stato rivelato non narra direttamente l’episodio, ma riporta i commenti degli apostoli durante la cena di quella stessa giornata. In particolare Giovanni di Zebedeo racconta d’aver parlato con una misteriosa dama, senza sapere che si trattasse proprio di Claudia Procula[3]:

«C’era anche una dama romana nella sua lettiga. Non poteva essere che una donna. Aveva le tende calate, ma occhieggiava da esse. Ho visto», dice Tommaso.

«Sì. Era presso la curva alta della via. Aveva dato ordine di fermarsi quando il lebbroso aveva gridato: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Allora aveva una tenda scostata ed io ho visto che ti ha guardato con una lente preziosa, e poi ha riso ironica. Ma quando ha visto che Tu, solo col comando, lo hai guarito! Allora mi ha chiamato e mi ha chiesto: “Ma è quello che dicono il vero Messia?”. Ho risposto di sì e lei mi ha detto: “E tu sei con Lui?”, e poi ha chiesto: “È proprio buono?”», dice Giovanni.

«Allora l’hai vista! Come era?», chiedono Pietro e Giuda.

«Mah!… Una donna…».

«Che scoperta!», ride Pietro. E l’Iscariota incalza: «Ma era bella, giovane, ricca?».

«Sì. Mi pare fosse giovane e anche bella. Ma guardavo più verso Gesù che verso lei. Volevo vedere se il Maestro si metteva di nuovo per via…». (EMV 116.1)

Durante il Secondo anno della Vita pubblica[4] Claudia Procula incontra nuovamente il Maestro al porto di Cesarea Marittima, mentre dal molo Gesù rivolge parole di conforto ai galeotti (i detenuti condannati ai remi sulle navi) e invita i romani alla pietà.

[Dice Gesù:] «O potenti, o padroni, pensate che siete tutti di un’unica pianta. Non infierite su coloro che una sventura vi ha dato fra le mani, e siate umani anche verso quelli che un delitto ha legato al banco della galera. Molte volte l’uomo pecca. Nessuno è senza colpe più o meno segrete. Se questo pensaste, sareste ben buoni verso i fratelli che meno fortunati di voi sono stati puniti per colpe che voi pure avete fatte rimanendo impuniti». […] (EMV 154.5)

Il discorso la commuove profondamente e accorda il permesso alla richiesta avanzata da Gesù di poter distribuire ai galeotti del cibo, come segno concreto di misericordia e attenzione. Poi Claudia Procula chiede di poter parlare personalmente con il Maestro.

Gesù va verso la lettiga.

«Salve, Maestro». La tendina si scosta appena, mostrando una bella donna sui trent’anni.

«Venga in te desiderio di sapienza».

«Hai detto che l’anima si ricorda dei Cieli. È dunque eterna questa cosa che voi dite essere in noi?».

«È eterna. Perciò si ricorda di Dio[5]. Del Dio che l’ha creata».

«Cosa è l’anima?».

«L’anima è la vera nobiltà dell’uomo. Tu sei gloriosa perché dei Claudi. L’uomo lo è di più perché è di Dio. In te è il sangue dei Claudi, la famiglia potente ma che ebbe un’origine e avrà una fine. Nell’uomo, per l’anima, è il sangue di Dio. Perché l’anima è il sangue spirituale – essendo Dio Spirito purissimo – del Creatore dell’uomo: di Dio eterno, potente, santo. L’uomo è dunque eterno, potente, santo, per l’anima che è in lui e che è viva finché è unita a Dio».

«Io sono pagana. Non ho dunque anima…».

«L’hai. Ma è avvolta in letargo. Svegliala alla Verità e alla Vita…».

«Addio, Maestro».

«La Giustizia ti conquisti. Addio». (EMV 154.7)

Claudia Procula è molto colpita dalle azioni e dalle parole di Gesù, che dai pagani è considerato un saggio, un grande filosofo. Ne parla alla ristretta cerchia delle nobildonne romane che fanno parte della sua corte e le invia spesso in missione presso il Maestro, per approfondire la sua dottrina che l'affascina, come nell'episodio di Betania, nei pressi della casa di Lazzaro, dove il centurione Publio Quintilliano accompagna (in abiti civili) le dame romane a parlare con il Maestro. Gesù, prima di incontrarli, rassicura la Madonna e le spiega il motivo del loro interesse per Lui.

[Dice Gesù:] «Va bene, Madre. Sono soldati e dame romane. Lo so».

«E che vogliono da Te?».

«Quello che molti in Israele non vogliono: Luce».

«Ma come e cosa ti credono? Dio, forse?».

«A modo loro sì. Per loro è facile accogliere l’idea di una incarnazione di un dio in carne mortale, più che fra di noi».

«Allora sono giunti a credere nella tua fede…».

«Non ancora, Mamma. Prima devo distruggere la loro. Per adesso Io sono per loro un sapiente, un filosofo, come loro dicono. Ma, sia questa brama di conoscere dottrine filosofiche, sia la loro tendenza a credere possibile la incarnazione di un dio, mi aiutano molto nel portarli alla vera fede. Credilo, sono più ingenui, nel loro pensiero, di molti d’Israele».

«Ma saranno sinceri? Si dice che il Battista…».

«No. Fosse stato per loro, Giovanni sarebbe libero e sicuro. Chi non è ribelle è lasciato stare. Anzi, ti dico, presso di loro l’essere profeti – loro dicono filosofi, perché l’elevatezza della sapienza soprannaturale per loro è sempre filosofia – è una garanzia per essere rispettati. Non essere preoccupata, Mamma. Non mi verrà da lì il male…». […] (EMV 204.2)

Gesù approfitta di questo incontro per spiegare a queste anime pagane come si costruisce la Fede in Dio e, per aiutare a capire, utilizza la parabola dei templi. Poi approfondice il concetto di anima confermando che tutti gli uomini, anche i pagani, la possiedono. La liberta romana Flavia prende appunti su una tavoletta di cera, proprio per poter poi meglio riferire a Claudia Procula.

[Dice Gesù:] «Avete altro da dirmi?».

«No, Maestro. Credo che Flavia abbia scritto le cose che hai detto. Claudia le vuole sapere. Hai scritto?».

«Esattamente», dice la donna passando le tavolette cerate.

«Ci rimarrà tempo per poterle rileggere», dice Plautina.

«È cera. Si cancella. Scrivetevele nei cuori. Non si cancellerà più». […] (EMV 204.9)

Palazzo di Cusa
Cartina di Gerusalemme: Palazzo di Cusa

Durante il Terzo anno della Vita pubblica[6] Gesù ha organizzato un banchetto di beneficenza a favore dei poveri di Gerusalemme, nel fastoso palazzo di Giovanna di Cuza, una principessa ebrea moglie di Cuza (l'intendente del re Erode Antipa), divenuta discepola. Gli invitati a questo convito d'amore voluto dal Signore sono “mendicanti, storpi, ciechi, orfani, vecchi, giovani vedove con i piccoli attaccati alle vesti o succhianti lo scarso latte della madre denutrita”[7]. Invitata da Giovanna di Cusa per ascoltare gli insegnamenti del Maestro, arriva anche Claudia Procula, accompagnata dalle dame romane. Maria Valtorta descrive il loro arrivo al palazzo di Cusa, camuffate come semplici donne di origine ebraica:

Ma nello stesso tempo Giovanna emerge dalle scale interne dicendo: «Maestro, ecco le discepole pagane». Sono sette donne, vestite di oscure e dimesse vesti simili a quelle delle ebree. Un velo è sul volto di tutte e un mantello le copre fino ai piedi. Due sono alte e maestose, le altre di media statura. Ma quando, dopo aver venerato il Maestro, si levano il mantello è facile riconoscere Plautina, Lidia, Valeria; la liberta Flavia, quella che ha scritto le parole di Gesù nel giardino di Lazzaro; e poi vi sono tre sconosciute. Una dallo sguardo uso al comando [Claudia Procula] e che pure si inginocchia dicendo al Signore: «E con me Roma si prostri ai tuoi piedi», e poi una formosa matrona sui cinquant’anni [Albula Domitilla], e infine una giovinetta [Egla] esile e serena come un fior di campo.

Maria di Magdala riconosce le romane, nonostante le loro vesti ebree, e mormora: «Claudia!!!», e resta ad occhi sgranati.

«Io. Basta di udire per altrui parola! La Verità e la Sapienza vanno attinte alla fonte diretta».

«Credi che ci riconosceranno?», chiede Valeria a Maria di Magdala.

«Se non vi tradite col nominarvi, non credo. Del resto vi metterò in luogo sicuro».

«No, Maria. Alle tavole, a servire i mendichi. Nessuno potrà pensare che le patrizie siano serve ai poveri, agli infimi del mondo ebraico», dice Gesù.

«Bene sentenzi, o Maestro. Perché la superbia è innata in noi».

«E l’umiltà è il segno più netto della mia dottrina. Chi mi vuole seguire deve amare la Verità, la Purezza e l’Umiltà, avere carità per tutti ed eroismo per sfidare l’opinione degli uomini e le pressioni dei tiranni. Andiamo». […] (EMV 370.19)

Così dimesse Claudia Procula e le nobili dame romane, insieme agli Apostoli, ai discepoli e alle discepole si mettono a servizio dei poveri, “spezzano il pane o portano il vino alle labbra dei ciechi, dei paralitici, dei monchi”[8]. Alla fine del pasto i poveri, che sono centinaia, inneggiano a Gesù grati per il banchetto che è stato “una pagina del Vangelo tradotta in azione” e gridano: «Viva Gesù!»; finalmente, il Signore parla a tutti i presenti:

«Viva, sì, viva Gesù, non perché Io sono Gesù. Ma perché Gesù vuol dire l’amore di Dio fatto carne e sceso fra gli uomini per essere conosciuto e per far conoscere l’amore che sarà il segno della nuova èra. Viva Gesù perché Gesù vuol dire “Salvatore”. Ed Io vi salvo. Vi salvo tutti, ricchi e poveri, fanciulli e vegliardi, israeliti e pagani, tutti, purché voi vogliate darmi la volontà di essere salvati. Gesù è per tutti. Non è per questo o quello. Gesù è di tutti. Di tutti gli uomini e per tutti gli uomini. Per tutti sono l’Amore misericorde e la Salvezza sicura. Cosa è necessario fare per essere di Gesù, e perciò per avere salvezza? Poche cose. Ma grandi cose. Non grandi perché cose difficili come quelle che fanno i re. Ma grandi perché vogliono che l’uomo si rinnovelli per farle e per divenire di Gesù. Perciò amore, umiltà, fede, rassegnazione, compassione. Ecco. Voi, che discepoli siete, cosa avete fatto oggi di grande? Direte: “Nulla. Abbiamo servito un pasto”. No. Avete servito l’amore. Vi siete umiliati. Avete trattato da fratelli gli sconosciuti di tutte le razze, senza chiedere chi sono, se sono sani, se sono buoni. E lo avete fatto in nome del Signore. Forse speravate grandi parole da Me, per la vostra istruzione. Vi ho fatto fare grandi fatti. Abbiamo iniziato il giorno con la preghiera, abbiamo sovvenuto lebbrosi e mendichi, abbiamo adorato l’Altissimo nella sua Casa, abbiamo iniziato le agapi fraterne e la cura dei pellegrini e dei poveri, abbiamo servito perché servire per amore è essere simile a Me che sono Servo dei servi di Dio, Servo fino ad annichilimento di morte per ministrare a voi salvezza…». (EMV 370.21)

L'arrivo di un gruppo scalmanato di israeliti e dell'impudica Salomè pone fine al convito. Gesù congeda coloro che chiama i “figli del dolore” e fa donare loro un obolo, perché “meno triste sia per qualche giorno la vita”, infine dona pace e salute, guarendo i malati. Giuda di Keriot torna con la notizia che i nemici stanno cercando Gesù presso la casa nel Getsemani. Apostoli e discepoli sono assaliti da paura e sgomento, subito accettano la protezione offerta dalla coraggiosa Maria di Magdala e si ricoverano nel più sicuro palazzo di Lazzaro a Gerusalemme. Anche le dame romane vanno e, durante il tragitto, Claudia Procula fa chiamare Giuda di Keriot per offrire la sua personale protezione al Maestro:

Il gruppo delle romane si separa. Restano, con Claudia, Plautina e Valeria; le altre proseguono. Claudia si guarda intorno. Vede solitaria la vietta in cui sono rimasti fermi e con la mano bellissima getta da parte il velo, scoprendo il viso. Giuda la riconosce e, dopo un attimo di sbalordimento, si curva salutando con un misto di atti giudei e di parola romana: «Domina!».

«Sì. Io. Alzati e ascolta. Tu ami il Nazareno. Del suo bene ti preoccupi. Bene fai. È un virtuoso e va difeso. Noi lo veneriamo come grande e giusto. I giudei non lo venerano. Lo odiano. So. Ascolta. E intendi bene, e bene ricorda e applica. Io lo voglio proteggere. Non come la lussuriosa di poc’anzi. Con onestà e virtù. Quando il tuo amore e la tua sagacia ti lasceranno capire che vi è insidia per Lui, vieni o manda. Claudia tutto può su Ponzio. Claudia otterrà protezione per il Giusto. Intendi?».

«Perfettamente, domina. Il nostro Dio ti protegga. Verrò, solo che possa, verrò io, personalmente. Ma come passare da te?».

«Chiedi sempre di Albula Domitilla. È una seconda me stessa, ma nessuno si stupisce se parla con giudei, essendo quella che si occupa delle mie liberalità. Ti crederanno un cliente. Forse ti umilia?».

«No, domina. Servire il Maestro e ottenere la tua protezione è onore».

«Sì. Vi proteggerò. Una donna sono. Ma sono dei Claudi. Posso più di tutti i grandi in Israele perché dietro me è Roma. Tieni, intanto. Per i poveri del Cristo. Il nostro obolo. Però… vorrei essere lasciata fra i discepoli questa sera. Procurami questo onore e tu sarai protetto da Claudia».

Su un tipo come l’Iscariota le parole della patrizia operano prodigiosamente. Egli va al settimo cielo!… Osa chiedere: «Ma tu veramente lo aiuterai?».

«Sì. Il suo Regno merita di essere fondato, perché è regno di virtù. Ben venga, in opposizione alle laide onde che coprono i regni attuali e che schifo mi fanno. Roma è grande, ma il Rabbi è ben più grande di Roma. Noi abbiamo le aquile sulle nostre insegne e la superba sigla. Ma sulle sue saranno i Geni e il santo suo Nome. Grande sarà, veramente grande Roma, e la Terra, quando metteranno quel Nome sulle loro insegne e il suo segno sarà sui labari e sui templi, sugli archi e le colonne».

Giuda è trasecolato, sognante, estatico. Palleggia la pesante borsa che gli è stata data, e lo fa macchinalmente, e dice col capo di sì, di sì, di sì, a tutto…

«Or dunque andiamo a raggiungerli. Alleati siamo, non è vero? Alleati per proteggere il tuo Maestro e il Re degli animi onesti». (EMV 371.3)

Senza saperlo, Claudia Procula profetizza così la futura gloria della Roma cristiana, quando la capitale dell'impero romano diventerà il centro del cristianesimo e la sede del vicario di Cristo in terra, ovvero la sede del Romano Pontefice, che è il Papa. Ma, allo stesso tempo, la protezione offerta da Claudia risveglia nell'Iscariota i sogni di un trionfo umano del Regno di Dio. Intanto, un tranello teso a Gesù dai nemici giudei, provoca l'intervento diretto di Claudia Procula che si disvela a difesa del Signore, dopo che si era recata per udire i suoi ammaestramenti presso Betania, accompagnata come sempre dalle dame romane, tutte di nascosto e velate per non farsi riconoscere.

I colpevoli, in luogo di tacere, pur avendo paura della plebe, non hanno ritegno di offendere il Maestro e spumanti d’ira urlano: «Noi siamo giudei e potenti! Noi ti ordiniamo di andartene. Ti proibiamo di ammaestrare. Ti cacciamo. Va’ via! Basta di Te. Noi abbiamo il potere nelle mani e lo usiamo; e sempre più lo faremo, perseguitandoti, o maledetto, o usurpatore, o…».

Stanno per dire altro fra un tumulto di grida, di pianti, di fischi, quando, venuta avanti fino a mettersi fra Gesù e i suoi nemici con mossa rapida e imperiosa, con sguardo e voce ancor più imperiosa, la donna velata più alta scopre il viso e, tagliente, sferzante più di una frusta sui galeotti e di una scure sul collo, cade la sua frase:

«Chi dimentica di essere schiavo di Roma?».

È Claudia. Riabbassa il velo. Si inchina lievemente al Maestro. Torna al suo posto.

Ma è bastato. I farisei si calmano di colpo. Solo uno, a nome di tutti e con un servilismo strisciante, dice: «Domina, perdona! Ma Egli turba il vecchio spirito di Israele. Tu, potente, dovresti impedirlo, farlo impedire dal giusto e prode Proconsole, vita e lunga salute a lui!».

«Questo non ci riguarda. Sufficiente è che non turbi l’ordine di Roma. E non lo fa!», risponde sdegnosa la patrizia; poi dà un ordine secco alle compagne e si allontana, andando verso un folto d’alberi in fondo al sentiero, dietro il quale scompare, per poi ricomparire sul cigolante carro coperto del quale fa abbassare tutte le tende. (EMV 378.10)

Giuda di Keriot, accompagnato da Simone Zelote, si reca alla fortezza Antonia a Gerusalemme per parlare direttamente con Claudia Procula e ricordarle la sua promessa di protezione, ma i suoi discorsi sul Regno di Gesù e la sua instaurazione saranno motivo di equivoco, fino a farle temere un complotto ordito contro Roma. Inizia a dubitare del Maestro, come la stessa Giovanna di Cusa riferisce a Gesù quando si incontrano a Bétèr:

[…] «Maestro, l’uomo di Keriot non ti capisce, e non capisce chi ti rispetta come sapiente, come grande filosofo, come Virtù sulla Terra, ma solo per questo ti ammira e ti si professa protettrice. È strano che delle pagane comprendano ciò che un tuo apostolo non comprende, dopo essere con Te da tanto…».

«Lo acceca l’umanità, l’amore umano».

«Tu lo scusi… Ma ti nuoce, Maestro. Mentre Simone parlava con Plautina, Lidia e Valeria, Giuda ha parlato con Claudia, in tuo nome, come tuo ambasciatore. Le voleva strappare promesse per una restaurazione del regno d’Israele. Claudia lo ha molto interrogato… Egli molto ha parlato. Certo pensa di essere alle soglie del suo folle sogno, là dove il sogno si muta in realtà. Maestro, Claudia si è sdegnata di questo. È figlia di Roma… Ha l’impero nel sangue… Vuoi mai che ella, proprio lei, figlia dei Claudi, vada contro Roma? Ne ha avuto un urto così profondo che ha dubitato di Te e della santità della tua dottrina. Ella ancora non può concepire, capire la santità della tua origine… Ma vi perverrà, perché in lei è la buona volontà. Vi perverrà quando si sarà rassicurata su di Te. Per ora le appari come ribelle, usurpatore, avido, falso… Plautina e le altre hanno cercato di rassicurarla… Ma lei vuole una risposta immediata, da Te». (EMV 400.5)

Così Albula Domitilla, insieme a Plautina, Lidia e Valeria si recano in missione a Cesarea Marittima per incontrare Gesù, le quattro dame romane sono state inviate direttamente da Claudia Procula, camuffate da donne greche, per verificare se quanto Giuda di Keriot le ha riferito fosse vero. Giuda, infatti, ha provato a negoziare segretamente il sostegno di Roma per un’illusoria presa di potere di Gesù e la restaurazione del Regno d'Israele[9]. In realtà Gesù parlava di essere Re, ma di un unico Regno spirituale, per tutti gli uomini.

[Dice Gesù:] «Da ciò arguisco che, nonostante tutto, voi mi credete ancora un giusto».

«Di più che un giusto. E Claudia ci manda appunto perché ti crede più che un giusto e non tiene conto delle parole udite. Però ne vuole conferma da Te per darti raddoppiata venerazione».

«O levarmela, se le appaio come vollero illustrarmi. Ma rassicuratela. Io non ho mire umane. Il mio ministero e il mio desiderio è tutto e soltanto soprannaturale. Voglio, sì, riunire in un unico regno tutti gli uomini. Ma che degli uomini? La carne e il sangue? No. Quello lo lascio, materia labile, alle labili monarchie, agli incerti imperi. Io voglio riunire sotto il mio scettro soltanto gli spiriti degli uomini, spiriti immortali in un regno immortale. Io ripudio ogni altra versione della mia volontà, data da chicchessia, diversa a questa. E vi prego credere, e dire a colei che vi manda, che la Verità non ha che una sola parola…». (EMV 426.4)

Poi Gesù chiede l'aiuto di Claudia Procula in favore della giovanissima Aurea Galla, una schiava appena acquistata dal ricco e depravato patrizio romano Ennio Cassio allo scopo di profanarne l’illibatezza durante un festino. Claudia Procula, pur con ripugnanza, decide di intervenire e, approfittando dell’ubriachezza di Ennio, riesce a farsi consegnare la giovane schiava in cambio della promessa di rientrare in Italia, suo più grande desiderio dopo che era stato esiliato in Palestina. La fanciulla viene così liberata e affidata a Gesù tramite la dama romana Lidia e Callisto, lo schiavo personale di Claudia Procula.

[…] Lidia riprende: «Claudia ti manda a dire che ha fatto questo per mostrarti che ti venera come l’unico Uomo che meriti venerazione. E vuole che ti dica che ti ringrazia di averle insegnato il valore di un’anima e della purezza. Se lo ricorderà». (EMV 426.13)

WORK IN PROGRESS


Carattere ed aspetto fisico

Maria Valtorta descrive Claudia Procula come «una bella donna sui trent'anni»[10]. Alta, snella, di statura elevata: «l’alta donna dal volto regolare e serio, dagli occhi dolci eppure imperiosi»[11].

Percorso apostolico

Elle chemine, comme le groupe des romaines sur le chemin de la foi : "Claudia croit au Nazaréen. Pour elle il est plus grand que tout autre homme."[12] Peu de temps avant la Passion, Valeria, une romaine récemment convertie, précise à Jésus : "Après moi, (Claudia) est celle qui suit de plus près ta doctrine et t'honore davantage".[13]

Origine del suo nome

Claudia è un nome femminile di origine latina che riconduce alla Gens Claudia, una importante famiglia patrizia romana. Il significato più accreditato è “che zoppica” (dal latino claudus), altri studiosi ipotizzano un'origine legata al sabino clausus, che significherebbe “illustre” o “famoso”.

Dove la incontriamo nell’Opera?

Volume 2: EMV 116 EMV 154 EMV 155 EMV 158

Volume 3: EMV 192 EMV 204

Volume 5: EMV 362

Volume 6: EMV 370 EMV 371 EMV 372 EMV 378 EMV 379 EMV 393 EMV 400 EMV 425 EMV 426 EMV 429 EMV 431

Volume 7: EMV 442 EMV 448

Volume 8: EMV 531 EMV 549

Volume 9: EMV 563 EMV 566 EMV 583 EMV 586 EMV 596

Volume 10: EMV 604 EMV 630

Per saperne di più su questo personaggio

Giulia, figlia di Augusto, in esilio” di Pavel Svedomskij
Santa Claudia Procula
Santa Procula (a destra) in una icona della Chiesa greco-ortodossa

Secondo gli studi di Jean Aulagnier[14], Claudia Procula avrebbe avuto circa 32 anni quando incontrò Gesù.

Secondo gli studi di Jean-François Lavère il suo nome, Claudia, deriva dalla Gens Claudia alla quale appartiene; il soprannome Procula (o Procla) invece, significa “nata in assenza del padre”. Claudia Procula sarebbe, infatti, la figlia illegittima di Giulia[15], che fu la seconda moglie dell’imperatore Tiberio. Quindi Claudia Procula era la nipote dell’imperatore Ottaviano Augusto[16] mentre l'imperatore Tiberio[17] sarebbe stato suo patrigno.

Il Vangelo apocrifo di Nicodemo (Atti di Pilato) e le 'visioni' di Anna Caterina Emmerich confermano il nome di Claudia Procula come quello della moglie di Ponzio Pilato. Secondo Maurice Laurentin[18], il suo ritratto — inciso su un intaglio di diaspro rosso — sarebbe conservato nel Gabinetto delle Medaglie di Parigi[19].

L’identità del padre naturale di Claudia resta oggetto d’ipotesi. Ma risalendo indietro di circa trent’anni, nel 2 a.C. (in accordo all’età desunta dall'Opera di Maria Valtorta), troviamo sua madre Giulia Maggiore appena arrestata e condannata all’esilio dal padre Ottaviano Augusto: per adulterio in quanto fu scoperta amante del console Iullo Antonio[20] (l'ultimo figlio vivente di Marco Antonio[21]) e per aver complottato contro la vita di suo padre[22]. Iullo Antonio fu condannato a morte e costretto al suicidio[23], mentre Giulia fu prima confinata sull'isola di Pandataria (l'odierna Isola di Ventotene) e poi nella città di Rhègium Julium (l'odierna Reggio Calabria) dove morì nel 14 d.C. Questo contesto potrebbe spiegare sia l’allontanamento di Claudia Procula da Roma, sia la particolare protezione di cui ella godette in seguito.

La Lex Oppia vietava ai proconsoli di farsi accompagnare dalle mogli nelle province loro affidate. Il fatto che Pilato avesse con sé sua moglie a Gerusalemme, come attestato dal Vangelo secondo Matteo[24], indica l’esistenza di influenti appoggi politici a favore di Claudia Procula. A quell’epoca, infatti, solo le donne di rango elevato seguivano i mariti nelle loro missioni[25].

Secondo il cronista del V secolo Macrobio[26], Claudia era stata allevata dall'imperatore Tiberio. Negli archivi della Diocesi di Narbona (Francia) viene conservata una lettera attribuita a Claudia Procula e indirizzata a un'amica di nome Fluvia Hersilia, che confermerebbe questa indicazione:

Non ti parlerò dei miei primi anni trascorsi a Narbona sotto l’egida di mio padre e sotto la tutela della tua amicizia. Sai che, compiuti i sedici anni, fui data in sposa a Ponzio, romano di nobile e antica famiglia… (La semaine religieuse de Carcassonne, 1886)

La città di Narbona era la capitale della provincia romana della Gallia transalpina e, al tempo di Tiberio (I secolo), risultava essere la colonia più popolosa della Gallia. La conversione di Claudia Procula dal paganesimo alla fede cristiana è attestata a partire dal II secolo da Origene[27]. Nelle Chiese Orientali viene venerata come santa Procula, dalla Chiesa greca-ortodossa il 27 ottobre e dalla Chiesa copta il 25 giugno.

Qual'è stata la sua sorte?       

Il destino di Claudia Procula, dopo gli eventi della Passione e Morte di Gesù, è incerto e variamente interpretato:

  • Francisco Bivar[28], nel suo commentario al Chronicon dello Pseudo-Dexter[29], ipotizza che Claudia Procula possa essere la Claudia che San Paolo menziona nella Seconda lettera a Timoteo[30], elencata tra le personalità cristiane di Roma: “Ti salutano Eubùlo, Pudènte, Lino, Claudia e tutti i fratelli”. 
  • Jean Aulagnier nel suo libro Le premier siècle chrétien, ritiene invece che Claudia Procula possa aver seguito il marito in esilio in Gallia. Questa tradizione si intreccia con la leggenda provenzale dell’arrivo della famiglia di Lazzaro di Betania, fuggita dalle persecuzioni di Erode Agrippa I nel 44 d.C.    
  • Negli anni '20 in Libano, ad Achrafieh, uno dei più antichi quartieri di Beirut, fu scoperto un sarcofago di piombo contenente due braccialetti con inciso il nome “Claudia Procula” in greco. Sebbene alcune parti del reperto sembrassero più antiche, inizialmente il ritrovamento fu datato al III secolo. Nel 1984 l'archeologa australiana Jill Carington Smith datò il ritrovamento al I secolo e osservò che, su questa base, era possibile che la donna fosse proprio la moglie di Ponzio Pilato, anche se ammise che non vi erano prove che Pilato fosse mai stato a Beirut e che il nome Claudia Procula era attestato altrove. Tuttavia, i due braccialetti d’oro iscritti con il nome Claudia Procula potrebbero appartenere ad altre due donne omonime vissute alla fine del II secolo, data cui gli studiosi — tra cui il sacerdote gesuita René Mouterde[31] — attribuiscono il sarcofago.

Note

  1. Si adotta il titolo di Proconsole in conformità all’uso impiegato nell’Opera di Maria Valtorta, sebbene la storiografia moderna riconosca per Ponzio Pilato il titolo ufficiale di Prefetto.
  2. nel terzo periodo di 4 mesi
  3. la riconoscerà successivamente in EMV 154.8
  4. nel primo periodo di 4 mesi
  5. Dio, per bontà infinita e paterna – così annota MV su una copia dattiloscritta – fa che in ogni anima d’uomo sia uno stimolo verso la Sorgente da cui venne; ciò che dà origine alla legge naturale anche nel selvaggio. Parlando a pagani o ignoranti, Gesù usa termini materiali, come “sangue”, per far capire. Quanto alla legge naturale, in EMV 288.4 si dimostrerà che essa è rispecchiata nei dieci comandamenti.
  6. nel primo periodo di 4 mesi
  7. EMV 370.2
  8. EMV 370.21
  9. EMV 400.5
  10. EMV 154.7
  11. EMV 371.4
  12. EMV 549
  13. EMV 583
  14. Jean Aulagnier (1924-2010) economista e scrittore francese: Et Dieu vint : Evocation historique du 1er siècle de la chrétienté, Éditeur Centre Jean Bart (1980); The Diary of Jesus, Kobe's Publications (1988); Le premier siècle chrétien : Une approche scientifique de la naissance du Christianisme, Éditions Résiac (1989); Maria valtorta, qui est-tu?, Éditions Résiac (1992); Avec Jésus au jour le jour, Éditions Résiac (1994); Pour accueillir Marie, Éditions Résiac (1995); Quand la science rejoint la foi, Éditions Résiac (1997).
  15. Giulia Maggiore (39 a.C.–14 d.C.), l'unica figlia naturale dell'imperatore Ottaviano Augusto.
  16. Caesar Augustus (63 a.C.–14 d.C.), fondatore dell'Impero romano e primo imperatore.
  17. Tiberius Iulius Caesar Augustus (42 a.C.–37 d.C.), secondo imperatore romano.
  18. il padre del mariologo francese René Laurentin (1917–2017)
  19. Roman de Ponce Pilate, Parigi 1926.
  20. Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, II, 100.
  21. Marcus Antonius (83 a.C.–30 a.C.), fu condottiero e luogotenente di Giulio Cesare, poi console romano e sposo di Cleopatra, regina dell'Egitto.
  22. Plinio il Vecchio, Naturalis historia, VII, 149.
  23. Tacito, Annales, Liber IV, 44.
  24. Mt 27,19
  25. Tacito, Annales, Liber III, 33-34.
  26. Macrobio, Saturnales.
  27. Origene, Omelie - Matteo 10,25.
  28. Francisco Bivar (1584-1634), fu un monaco cistercense spagnolo, maestro in teologia e in storia spagnola.
  29. una storia universale falsamente attribuita al senatore Flavio Lucio Destro.
  30. 2Tm 4,21
  31. articolo: Sarcophages de plomb trouvés en Syrie - (1929) di René Mouterde.